ANAMORFOSI DEL PRESENTE. IL CATALOGO

 

anamorfosi del presente

MUSEO TEO ART FANZINE # 45 / 2002






anamorfosi del presente/edito

Per me, e per la mia generazione Anamorfosi significa Baltrušaitis e il libro che ci spiegò le depravazioni ottiche, ovvero le immagini distorte frutto della riflessione, della rifrazione e della deformazione prospettica, apparentemente indecifrabili ma che svelano figure percettibili quando l'immagine viene osservata secondo certe condizioni o da un preciso punto di vista. Detto in parole semplici le illusioni ottiche e in senso esteso qualsiasi forma di alterazione della realtà o della sua rappresentazione.

Illusioni ottiche, dicevo; e quale luogo migliore per sperimentare un miraggio che non il deserto del Sahara? Tuttavia di miraggi non ne ho mai visti. Da quando, subito dopo quel viaggio, a metà degli anni ottanta, ho iniziato a manipolare l’immagine elettronica, ho sempre alterato l’immagine della realtà, a volte lievemente ma sempre implacabilmente. Metto in moto un meccanismo ma posso controllarlo solo parzialmente, il caso gioca quindi un ruolo determinante nella produzione delle immagini (anche senza arrivare al caso limite di MHz-Karma Tuning o di Paesaggio rumore).

Apprendo dalla Treccani che in biologia il termine anamorfosi indica la tendenza della natura a generare forme più complesse, e direi che il pomodoro di Gonaria ne è l’esemplificazione.

Apprendo ancora dalla Treccani che l’accentazione corretta sarebbe anamorfòṡi [anamorfòṡi (alla greca anamòrfoṡi) s. f. [dal gr. ἀναμόρϕωσις «riformazione», der. di ἀναμορϕόω «formare di nuovo»] e in questo modo pronuncio il termine, suscitando spesso sdegnate reazioni e correzioni, quando invito gli amici a partecipare al progetto e a fare proprio uno dei sessanta titoli di Alias scelti, anche loro, un po’ casualmente, e dare loro vita autonoma.

A caso o consapevolmente. Ho fatto un elenco e l’ho inviato a una serie di persone chiedendo, come in un gioco (di prestigio?), di scegliere un numero, e poi scoprire il titolo corrispondente a quel numero. Raccomandandomi di non barare, ossia di non guardare prima i titoli. Chi ho incontrato di persona non lo poteva fare; qualcuno invece, so che lo ha fatto, lo si capisce, e qualcuno ha anche confessato.

A qualcuno che mi chiedeva come fare la scelta ho suggerito di farsi dei bigliettini ed estrarre, e a chi addirittura ha osato “decidi tu che titolo darmi.... per me è difficile scegliere!” ho risposto “Per aiutarti a scegliere ti allego un foglio con i numeri corrispondenti ai titoli disponibili. Puoi stamparlo, fare dei bigliettini, metterli in un cappello o altro, ed estrarre. Semplice no? E poi, ovviamente, attivare la funzione creatività”. Alcuni li ho assegnati d’ufficio. Ho usato tutti e tre i metodi, anche se quello che preferisco è evidentemente l'estrazione a sorte, che io chiamo sortilegio, perché capita spesso che un nesso ci sia veramente e si crei un cortocircuito, di ogni tipo. Ho verificato che accade anche quando viene scelto un numero secondo criteri che vanno dalla data di nascita al civico della via ed altre esoterie varie.

Avevo usato questo metodo durante le presentazioni del mio libro I fatti della vita: il pubblico era invitato – se non obbligato – a estrarre un biglietto e leggerlo a voce alta. Leggendo la voce «TESTE “Avvocato: E lei vuole farci credere che in queste condizioni è riuscito a vedere il mio cliente che staccava un piccolo pezzo di orecchio al suo avversario? / Teste: Ma io non l’ho visto mentre lo staccava… / Avvocato: Allora come fa a sostenere che… / Teste: …l’ho visto mentre lo sputava subito dopo. GC ADD”» la lettrice sembrò particolarmente turbata, ma ciò che la turbava non era la visione dell’orecchio mozzato bensì, come spiegò poi in privato, il fatto che da tre mesi avesse una relazione con un avvocato.

Si tratta di coincidenze, certo, ma su questo tema devo ricorrere ancora a una citazione da I fatti della vita: «COINCIDENZA/E. Il treno arrivò a Firenze, dove c’era la coincidenza per Livorno. Enrico fra sé e sé rifletteva sulla parola «coincidenza», che aveva già sentito e che secondo lui voleva dire che due cose avvenivano insieme per caso. E dunque si aspetta un altro treno per caso? Comunque l’altro treno, per caso o meno, era là che li aspettava».

Ecco che Domenico sceglie il numero 39 e il giorno seguente mi scrive: “Ho visto che il n.39, vedi il caso fortuito, parla di colline, e io ho fatto un lavoro video musicale sulla collina artificiale di Parco Lambro – The Lambro Park Hill –, luogo mitico per me (Demetrio Stratos e i concerti nella cavea del parco dove vado appena posso a suonare).

Nessuno stupore, invece, per Klaus, quando lo informo che il 13, numero prescelto, corrisponde a Tornare alla fiaba mentre i treni tagliano i boschi: infatti il soggetto privilegiato della sua ricerca è il mondo vegetale (ma si dedica anche al ritratto degli esseri umani) e quando può passa la notte in un bosco. Dopo due ore mi invia la foto, che definisce “la mia migliore offerta” e che davvero migliore non poteva essere: resto convinto che avrebbe una immagine già pronta per ognuno dei sessanti titoli.

La mia teoria del sortilegio è confermata da Véronique che dice “7. All’alba di una vita vera, se solo sapessero cosa sia, choisi par hasard, c'est tout à fait moi…” e da Mary che mi scrive: “Ho appena giocato: scelto il numero 43, e il prevedibile scherzo del destino mi porta a Nessi causali con romanzo a tesi, con bambina”, mentre Daniele, cui ho assegnato d’ufficio il 42 Le maschere, rimedio umano per svincolarsi dal destino mi risponde: “Direi che il numero 42 è il titolo perfetto per la foto, quello che non sono riuscito a trovare io”.

Che cosa ho chiesto? Un’opera, un disegno, una installazione; che siano in versione pubblicabile in una rivista o in un volume (cartacei, ovvio) ma che siano pensati anche per essere esposti in una mostra. Ho invitato anche a scrivere, specificando che chi vorrà potrà fare tutte e due le cose. Una cosa è certa, avrei voluto che il contenuto di quegli articoli non fosse noto ai miei contributori, per quanto molti li sapessi lettori del Manifesto e di Alias, ma non ho potuto impedire che qualcuno li volesse a tutti costi conoscere.

Anche rispetto alle persone che sono state coinvolte la sorte ha giocato un ruolo importante: non tutti quelli che avrei voluto sono stati invitati, a causa della limitata razionalità (casualità?) che ha caratterizzato la fase dell’invio. Credo invece, che tutti quelli cui ho scritto (personalmente) siano stati raggiunti dal mio messaggio: nessuno è rimbalzato, forse qualcosa è finito nello spam, ma, parafrasando Faber, qualcuno “forse era stanco, forse troppo occupato” o meglio “forse era distratto, forse troppo occupato”, ma non mi sento responsabile del sovraccarico d’informazione che caratterizza le vostre vite (io lo spam lo apro sempre, e infatti le risposte di Stefano e di Orio le ho trovate lì).

Qualcuno non ha risposto, qualche titolo è rimasto, ho quindi deciso di chiudere qui la prima fase. Martedì pomeriggio, come spesso accade, faccio un pisolino dopo pranzo. E anche di pomeriggio sogno, non solo di notte. Come in altri sogni ci sono artisti che spesso fanno cose che non condivido. In questo caso Giulia ha dipinto sui muri di casa mia, cose di nessun interesse e d'altronde lei non è un’artista, almeno che io sappia. Sicuramente scrive, penso, e vado a trovarla. Giulia accetta di giocare, scegliendo il numero degli anni che compirà e si proclama entusiasta del titolo che le è toccato in sorte. Pensavo davvero fosse l’ultima a scegliere. L’ultima a scegliere, ma non l’ultima a partecipare: mi capita di leggere su FaceBook un post di Agostino intitolato Ordo Universi che corrisponde perfettamente al numero 34 Eccentricità, facezie e patologia di un accumulatore seriale, ma lui del progetto non sa niente…

Ascolto in streaming la conferenza stampa di Cecilia Alemani, che presenta la prossima Biennale di Venezia: «La mostra Il latte dei sogni prende il titolo da un libro di favole di Leonora Carrington in cui l’artista surrealista descrive un mondo magico nel quale la vita viene costantemente reinventata attraverso il prisma dell’immaginazione e nel quale è concesso cambiare, trasformarsi, diventare altri da sé. L’esposizione Il latte dei sogni sceglie le creature fantastiche di Carrington, insieme a molte altre figure della trasformazione, come compagne di un viaggio immaginario attraverso le metamorfosi dei corpi e delle definizioni dell’umano». Metamorfosi, ha detto metamorfosi, avevo capito anamorfosi. Tutto sommato mi sembra che sia in sintonia con noi [sì, siamo arrivati tre mesi prima], conclude infatti affermando che «non è una mostra sulla pandemia ma registra inevitabilmente le convulsioni dei nostri tempi. In questi momenti, l’arte e gli artisti ci aiutano a immaginare nuove forme di coesistenza e nuove, infinite possibilità di trasformazione».

Non potevo non partecipare anch’io: ho scelto il 60 perché era ancora orfano, anche se poi il caso lo ha assegnato a Dario. E c’è una mia immagine anche al numero 31: sono i vestiti che indossavo il 24 settembre in occasione di SanSistoSei, prima mostra di Museo Teo e suo atto di nascita. Quando l’ho pubblicata su FaceBook, Maria Maty ha commentato: “Sei tu!” e Nadia: “Disappeared Bai”. No, non sono scomparso, è solo un altro punto di vista. Un’anamorfosi. E per sgombrare il campo rispetto all’egocentrismo: sì lo sono, direi meglio narcisista, ma devo pur festeggiare in qualche modo i miei primi settant’anni! E posso dire che in questo progetto scorre tutta la mia vita: amici (vecchi e nuovi, e anche i loro figli), le scuole (ISA e ITSOS), Museo Teo e le altre avventure artistiche, Canale 96, Studio Sargam, Art Mobil, Riss(e), le librerie Menabò e Scaldasole. E le città: Roma, Tokyo, Londra, Berlino, Los Angeles…

Giovanni Bai