ANAMORFOSI DEL PRESENTE. IL CATALOGO
anamorfosi del presente
anamorfosi del presente/edito
Illusioni ottiche, dicevo; e quale luogo
migliore per sperimentare un miraggio che non il deserto del Sahara? Tuttavia di
miraggi non ne ho mai visti. Da quando, subito dopo quel viaggio, a metà degli
anni ottanta, ho iniziato a manipolare l’immagine elettronica, ho sempre
alterato l’immagine della realtà, a volte lievemente ma sempre implacabilmente.
Metto in moto un meccanismo ma posso controllarlo solo parzialmente, il caso
gioca quindi un ruolo determinante nella produzione delle immagini (anche senza
arrivare al caso limite di MHz-Karma Tuning o di Paesaggio rumore).
Apprendo dalla Treccani che in biologia
il termine anamorfosi indica la tendenza della natura a generare forme più
complesse, e direi che il pomodoro di Gonaria ne è l’esemplificazione.
Apprendo
ancora dalla Treccani che l’accentazione corretta sarebbe anamorfòṡi [anamorfòṡi
(alla greca anamòrfoṡi) s. f. [dal gr. ἀναμόρϕωσις «riformazione», der. di ἀναμορϕόω
«formare di nuovo»] e in questo modo pronuncio il termine, suscitando spesso
sdegnate reazioni e correzioni, quando invito gli amici a partecipare al
progetto e a fare proprio uno dei sessanta titoli di Alias scelti, anche
loro, un po’ casualmente, e dare loro vita autonoma.
A
caso o consapevolmente. Ho fatto un elenco e l’ho inviato a una serie di
persone chiedendo, come in un gioco (di prestigio?), di scegliere un numero, e
poi scoprire il titolo corrispondente a quel numero. Raccomandandomi di non
barare, ossia di non guardare prima i titoli. Chi ho incontrato di persona non
lo poteva fare; qualcuno invece, so che lo ha fatto, lo si capisce, e qualcuno
ha anche confessato.
A
qualcuno che mi chiedeva come fare la scelta ho suggerito di farsi dei
bigliettini ed estrarre, e a chi addirittura ha osato “decidi tu che titolo
darmi.... per me è difficile scegliere!” ho risposto “Per aiutarti a scegliere
ti allego un foglio con i numeri corrispondenti ai titoli disponibili. Puoi
stamparlo, fare dei bigliettini, metterli in un cappello o altro, ed estrarre. Semplice
no? E poi, ovviamente, attivare la funzione creatività”. Alcuni li ho assegnati
d’ufficio. Ho usato tutti e tre i metodi, anche se quello che preferisco è
evidentemente l'estrazione a sorte, che io chiamo sortilegio, perché capita
spesso che un nesso ci sia veramente e si crei un cortocircuito, di ogni tipo.
Ho verificato che accade anche quando viene scelto un numero secondo criteri
che vanno dalla data di nascita al civico della via ed altre esoterie varie.
Avevo
usato questo metodo durante le presentazioni del mio libro I fatti della vita:
il pubblico era invitato – se non obbligato – a estrarre un biglietto e
leggerlo a voce alta. Leggendo la voce «TESTE “Avvocato: E lei vuole farci
credere che in queste condizioni è riuscito a vedere il mio cliente che
staccava un piccolo pezzo di orecchio al suo avversario? / Teste: Ma io non
l’ho visto mentre lo staccava… / Avvocato: Allora come fa a sostenere che… /
Teste: …l’ho visto mentre lo sputava subito dopo. GC ADD”» la lettrice sembrò
particolarmente turbata, ma ciò che la turbava non era la visione dell’orecchio
mozzato bensì, come spiegò poi in privato, il fatto che da tre mesi avesse una
relazione con un avvocato.
Si
tratta di coincidenze, certo, ma su questo tema devo ricorrere ancora a una
citazione da I fatti della vita: «COINCIDENZA/E. Il treno arrivò a Firenze,
dove c’era la coincidenza per Livorno. Enrico fra sé e sé rifletteva sulla
parola «coincidenza», che aveva già sentito e che secondo lui voleva dire che
due cose avvenivano insieme per caso. E dunque si aspetta un altro treno per
caso? Comunque l’altro treno, per caso o meno, era là che li aspettava».
Ecco
che Domenico sceglie il numero 39 e il giorno seguente mi scrive: “Ho visto che
il n.39, vedi il caso fortuito, parla di colline, e io ho fatto un lavoro video
musicale sulla collina artificiale di Parco Lambro – The Lambro Park Hill –,
luogo mitico per me (Demetrio Stratos e i concerti nella cavea del parco dove
vado appena posso a suonare).
Nessuno
stupore, invece, per Klaus, quando lo informo che il 13, numero prescelto,
corrisponde a Tornare alla fiaba mentre i treni tagliano i boschi: infatti il
soggetto privilegiato della sua ricerca è il mondo vegetale (ma si dedica anche
al ritratto degli esseri umani) e quando può passa la notte in un bosco. Dopo
due ore mi invia la foto, che definisce “la mia migliore offerta” e che davvero
migliore non poteva essere: resto convinto che avrebbe una immagine già pronta
per ognuno dei sessanti titoli.
La
mia teoria del sortilegio è confermata da Véronique che dice “7. All’alba di
una vita vera, se solo sapessero cosa sia, choisi par hasard, c'est tout à fait
moi…” e da Mary che mi scrive: “Ho appena giocato: scelto il numero 43, e il
prevedibile scherzo del destino mi porta a Nessi causali con romanzo a tesi,
con bambina”, mentre Daniele, cui ho assegnato d’ufficio il 42 Le maschere,
rimedio umano per svincolarsi dal destino mi risponde: “Direi che il numero 42
è il titolo perfetto per la foto, quello che non sono riuscito a trovare io”.
Che
cosa ho chiesto? Un’opera, un disegno, una installazione; che siano in versione
pubblicabile in una rivista o in un volume (cartacei, ovvio) ma che siano
pensati anche per essere esposti in una mostra. Ho invitato anche a scrivere,
specificando che chi vorrà potrà fare tutte e due le cose. Una cosa è certa,
avrei voluto che il contenuto di quegli articoli non fosse noto ai miei
contributori, per quanto molti li sapessi lettori del Manifesto e di Alias, ma
non ho potuto impedire che qualcuno li volesse a tutti costi conoscere.
Anche
rispetto alle persone che sono state coinvolte la sorte ha giocato un ruolo
importante: non tutti quelli che avrei voluto sono stati invitati, a causa
della limitata razionalità (casualità?) che ha caratterizzato la fase
dell’invio. Credo invece, che tutti quelli cui ho scritto (personalmente) siano
stati raggiunti dal mio messaggio: nessuno è rimbalzato, forse qualcosa è
finito nello spam, ma, parafrasando Faber, qualcuno “forse era stanco, forse
troppo occupato” o meglio “forse era distratto, forse troppo occupato”, ma non
mi sento responsabile del sovraccarico d’informazione che caratterizza le
vostre vite (io lo spam lo apro sempre, e infatti le risposte di Stefano e di
Orio le ho trovate lì).
Qualcuno
non ha risposto, qualche titolo è rimasto, ho quindi deciso di chiudere qui la
prima fase. Martedì pomeriggio, come spesso accade, faccio un pisolino dopo pranzo. E
anche di pomeriggio sogno, non solo di notte. Come in altri sogni ci sono
artisti che spesso fanno cose che non condivido. In questo caso Giulia ha
dipinto sui muri di casa mia, cose di nessun interesse e d'altronde lei non è
un’artista, almeno che io sappia. Sicuramente scrive, penso, e vado a trovarla.
Giulia accetta di giocare, scegliendo il numero degli anni che compirà e si
proclama entusiasta del titolo che le è toccato in sorte. Pensavo davvero fosse
l’ultima a scegliere. L’ultima a scegliere, ma non l’ultima a partecipare: mi
capita di leggere su FaceBook un post di Agostino intitolato Ordo Universi
che corrisponde perfettamente al numero 34 Eccentricità, facezie e patologia
di un accumulatore seriale, ma lui del progetto non sa niente…
Ascolto in
streaming la conferenza stampa di Cecilia Alemani, che presenta la prossima
Biennale di Venezia: «La mostra Il latte dei sogni prende il titolo da un libro
di favole di Leonora Carrington in cui l’artista surrealista descrive un mondo
magico nel quale la vita viene costantemente reinventata attraverso il prisma
dell’immaginazione e nel quale è concesso cambiare, trasformarsi, diventare
altri da sé. L’esposizione Il latte dei sogni sceglie le creature
fantastiche di Carrington, insieme a molte altre figure della trasformazione,
come compagne di un viaggio immaginario attraverso le metamorfosi dei corpi e
delle definizioni dell’umano». Metamorfosi, ha detto metamorfosi, avevo capito
anamorfosi. Tutto sommato mi sembra che sia in sintonia con noi [sì, siamo
arrivati tre mesi prima], conclude infatti affermando che «non è una mostra
sulla pandemia ma registra inevitabilmente le convulsioni dei nostri tempi. In
questi momenti, l’arte e gli artisti ci aiutano a immaginare nuove forme di
coesistenza e nuove, infinite possibilità di trasformazione».
Non
potevo non partecipare anch’io: ho scelto il 60 perché era ancora orfano, anche
se poi il caso lo ha assegnato a Dario. E c’è una mia immagine anche al numero
31: sono i vestiti che indossavo il 24 settembre in occasione di SanSistoSei,
prima mostra di Museo Teo e suo atto di nascita. Quando l’ho pubblicata su
FaceBook, Maria Maty ha commentato: “Sei tu!” e Nadia:
“Disappeared Bai”. No, non sono scomparso, è solo un altro punto di vista.
Un’anamorfosi. E per sgombrare il campo rispetto all’egocentrismo: sì lo sono,
direi meglio narcisista, ma devo pur festeggiare in qualche modo i miei primi
settant’anni! E posso dire che in questo progetto scorre tutta la mia vita:
amici (vecchi e nuovi, e anche i loro figli), le scuole (ISA e ITSOS), Museo
Teo e le altre avventure artistiche, Canale 96, Studio Sargam, Art Mobil, Riss(e),
le librerie Menabò e Scaldasole. E le città: Roma, Tokyo, Londra, Berlino, Los
Angeles…
Giovanni Bai